di Luca Carofiglio

Capriati, Strisciuglio, Parisi, Diomede: la storia dei 22 clan criminali di Bari
BARI – Nelle ultime settimane a Bari si è tornati a sparare: prima il 18 settembre nel quartiere Madonnella e poi sei giorni dopo vicino allo stadio San Nicola. All’origine degli scontri a fuoco ci sarebbero i perenni “giochi di potere” che caratterizzano da sempre la criminalità organizzata del capoluogo pugliese.

Perché Bari non è Palermo o Reggio Calabria: la Mafia e la ‘Ndrangheta sono infatti state fondate, fin dalle proprie origini, su rigide organizzazioni rette da “mandamenti”, “commissioni” e “cupole”. Al contrario in Puglia le varie famiglie  hanno sempre agito per conto loro, magari cercando degli accordi di non belligeranza con gli altri clan, ma senza dotarsi di organi direttivi e verticistici condivisi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il tutto si fonda quindi su precari equilibri che vengono meno quando ad esempio, dopo una retata da parte delle forze dell’ordine, un dato gruppo si indebolisce. A quel punto la “geografia” della malavita cambia, c’è chi si espande e chi si ridimensiona, passando a volte attraverso sanguinari regolamenti di conti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ad oggi si contano ben 22 clan criminali attivi a Bari, dieci dei quali hanno stretto importanti sodalizi. Il più ambizioso è sicuramente quello degli Striscuglio, che è riuscito a essere presente un po’ in tutta la città grazie a una serie di affiliazioni con varie famiglie. Il gruppo ha accordi con i Milloni nel centro storico, i Faccilongo a San Pio, i Campanale a San Girolamo e Fesca, i Valentino a Carbonara, i Ruta-Telegrafo al San Paolo e i Caldarola al Libertà.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Bari Vecchia sono poi da sempre attivi i Capriati, che hanno anche influenza a San Girolamo e Fesca. A Carbonara, Ceglie e Loseto il clan più “antico” è quello dei Di Cosola, mentre al San Paolo operano i Misceo, un tempo legati agli Striscuglio. Nel grande quartiere Libertà ci sono poi i Lorusso, che hanno messo piede anche a San Girolamo e Fesca, Carrassi e San Pasquale, lì dove sono presenti anche i sodalizi dei Fiore-Risoli e soprattutto dei Mercante-Diomede, operanti in realtà un po’ in tutta a Bari: dal Libertà al San Paolo passando per Poggiofranco. Rione quest’ultimo dove sono comunque molto forti gli Anemolo. Infine ci sono i Velluto a Picone (oltre che a Carrassi e San Pasquale), i Di Cosimo-Rafaschieri a Madonnella e i Parisi-Palermiti a Japigia.   

Si tratta di gruppi esistenti da sempre a Bari, che però fino alla fine degli anni 70 erano dediti più che altro a rapine e delinquenza comune. Il “salto di qualità” per la criminalità barese si ebbe infatti a cavallo tra i 70 e gli 80, quando Raffaele Cutolo, boss della Nuova Camorra Organizzata, decise di espandersi in Puglia per sfruttarne la posizione geografica, ideale per l’arrivo dei carichi di sigarette di contrabbando.

“’O professore” il 5 gennaio del 1979 fondò quindi la Nuova Grande Camorra Pugliese che da quel momento offrì protezione a tutta la malavita della regione, comprese le famiglie baresi, che si avvalsero del grande porto per cominciare a importare non solo “bionde” ma anche e soprattutto droga. 

Ma Cutolo a un certo punto, a causa di una serie di inchieste giudiziarie e soprattutto dopo il suo trasferimento nel supercarcere dell’Asinara, dovette abbandonare la scena, lasciando così mano libera ai clan pugliesi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Tra gli anni 80 e gli anni 90 la criminalità barese riesce così a emanciparsi, diventa un grosso centro per lo spaccio di eroina. E a Japigia, lì dove impera incontrastato il boss Savinuccio Parisi, nasce quello che viene definito “il più grande mercato della droga del Sud”, una piazza che attira consumatori da tutta Italia per via dell’ottimo rapporto qualità-prezzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Parisi da quel momento in poi godrà del rispetto da parte di tutta la malavita. «Non è mai stato consacrato come “boss di Bari” – afferma Leonardo Rinella, magistrato in servizio dal 93 al 2000 nella Direzione Distrettuale Antimafia di Bari - ma è praticamente un “intoccabile”, anche perché lui non si è mai intromesso negli affari degli altri e ha sempre puntato a rimanere il solo e unico re di Japigia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Leggendo il rapporto della Dia dell’ultimo semestre 2000, emerge come già 18 anni fa Bari fosse stata di fatto “spartita” tra i vari clan. A Carrassi e San Paolo agivano i Montana e i Diomede, al Libertà c’erano i Mercante, a San Pio i Piperis, a San Pasquale i Lafirenze-Fiore, a Bari Vecchia i Capriati, mentre a Japigia come detto dominavano i Parisi. Infine gli Striscuglio, che già avevano cominciato a “invadere” la città ed erano presenti a Bari Vecchia, Libertà, Carbonara, Carrassi e San Paolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’inizio del Nuovo Millennio è però segnato da numerosi fatti di sangue. Sono gli anni in cui vengono uccisi, durante scontri a fuoco, ragazzi innocenti come Michele Fazio (a Bari Vecchia) e Gaetano Marchitelli (a Carbonara). Nascono poi nuovi “interessi”: dalla diffusione del gioco d’azzardo illegale allo sfruttamento della prostituzione delle giovani dell’Est e aumenta a dismisura il numero dei minori impiegati in attività criminose.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma la mafia barese diventa sempre più ricca e affamata, anche se nel 2003 sia i Parisi che i Capriati vengono colpiti da una serie arresti, con questi ultimi che costretti a perdere la leadership nel centro storico a favore degli Striscuglio, gruppo che già qualche anno prima aveva estromesso da Bari Vecchia la famiglia dei Laraspata. Ma basteranno un paio d’anni agli storici gruppi per riprendersi, grazie anche al ruolo delle donne che, con gli uomini in carcere, cominceranno per la prima volta ad assumere un ruolo chiave nelle decisioni all’interno delle associazioni mafiose.

Nel frattempo, alla fine del decennio, parte l’attività espansionistica dei clan che puntano alla “colonizzazione” di paesi dell’hinterland barese, tra cui con Bitritto, Triggiano, Capurso, Valenzano e Adelfia. E mentre si registrano nuovi arresti all’interno dei Parisi, Misceo e Montani-Telegrafo e riprendono gli scontri a fuoco, nel nuovo decennio diventa ancora più forte il potere degli Striscuglio, capaci di essere presenti ovunque, sia geograficamente che “affaristicamente”, grazie all’ingresso in nuovi settori quale quello dell’edilizia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il traffico di stupefacenti, assieme alle estorsioni, resta comunque ancora oggi la fonte principale di denaro liquido, anche se tra il 2016 e il 2017 c’è da registrare il grosso giro d’affari messo in piedi dai  Parisi e i Mercante-Diomede, che hanno iniziato a occuparsi della gestione di slot machine illecite e centri scommesse.

E tra clan in difficoltà (i Di Cosola) e nuovi sodalizi (i Parisi-Palermiti riallacciatisi dopo grosse tensioni e scontri a fuoco), gli equilibri tra i vari gruppi continuano a cambiare, anche se  alla fine, a ben vedere, le famiglie dominanti restano sempre le stesse e il loro potere immutato e purtroppo ben radicato nella vita di questa città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nell’immagine: la geografia della criminalità barese (fonte Relazione Direzione Investigativa Antimafia semestre luglio dicembre 2017)


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  • Matteo - Per la prima volta, a giusta ragione, vedo apparire il nome dei Lafirenze associata al San Pasquale. Ottimo articolo, scritto bene e chiaro. Complimenti!
  • mario - Uhmmm. ..


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