di Carlo Maurantonio

Olimpic, De Palo, Ines, Club Paradiso: la storia dei  ''templi'' del calcetto barese
BARI - C'erano una volta gli oratori, i cortili, il Canalone, il fossato del Castello normanno-svevo e soprattutto i campi in “brecciolina” come quello Villaggio del lavoratore, il "Fasulo" di Carrassi, il "Bianco" del San Paolo, il "Gescal" e il "Maresciallo" di Japigia. Cosa avevano in comune tutti questi posti? Semplice: erano i luoghi dove un tempo i baresi si incontravano per giocare a pallone. Costituivano i simboli di un'epoca ormai lontana: aree ad accesso rigorosamente libero e gratuito, autogestite dagli stessi giocatori, dove spesso al posto delle porte c'erano delle semplici pietre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A partire dagli anni 80 però quei rozzi e romantici terreni di gioco cominciarono a scomparire, inghiottiti da un'intensa urbanizzazione che andò a sostituire gli spazi comuni con il cemento. E così, proprio in quel decennio, la loro eredità fu raccolta da campi privati e “avveniristici”: quelli in erba sintetica, dotati addirittura di spogliatoi, docce, palloni di cuoio e illuminazione notturna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questi moderni rettangoli di gioco si diffusero velocemente, soprattutto a ridosso della tangenziale, diventando così dei veri e propri “templi” dove i baresi di tutte le età possono ancora oggi sfidarsi a suon di tiri e gol. Attualmente nel capoluogo sono presenti una ventina di centri sportivi. Siamo così andati a visitare i pionieri di questa "rivoluzione" del pallone: l'Olimpic center, il De Palo, la Cofit, il Green park e l'Ines. (Vedi foto galleria)

Il nostro tour parte dal più antico: l'Olimpic center, sorto nel 1980 ai confini del quartiere Japigia, laddove pittoresche strade rurali addolciscono una zona costellata da depuratori e campi rom. Qui la circonvallazione dista veramente pochi metri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«La realizzai nel 1980 - ci spiega Sandro Atzeni, fondatore della struttura  -, l’intento era quello di promuovere un possibile business di produzione di erba sintetica. E la cosa ha funzionato, visto che dopo di noi in tanti hanno deciso di aprire impianti di futsal, chiedendoci di realizzarli».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da “vetrina” per un’attività industriale l’Olimpic si è però trasformato in un vero e proprio centro sportivo, allargandosi notevolmente nel corso del tempo. Da cinque anni a gestire il complesso è il 37enne Giancarlo, che incontriamo subito dopo aver varcato l'entrata. «Non c'è un attimo di respiro - sottolinea il responsabile -. Non accogliamo solo comitive desiderose di svagarsi per un'oretta, ma anche scuole calcio e squadre che prendono parte a tornei organizzati da noi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entriamo in un gabbiotto dove tra sacchi colmi di palloni e a scaffali pieni di attrezzature per gli allenamenti facciamo la conoscenza del collaboratore Piero, che in sette anni di lavoro ne ha viste di cotte e di crude.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«L'altra sera durante una partita ho dovuto cambiare il pallone ben quattro volte - racconta il 60enne -: secondo i calciatori qualunque sfera dessi loro era sgonfia. Su un altro campo mi hanno invece chiesto casacche di tre colori diversi, col risultato che le due squadre contrapposte hanno faticato per tutto il tempo a distinguersi. Per non parlare di quello che trovo negli spogliatoi durante le pulizie: una volta mi è capitato persino di scovare una teglia con avanzi di riso, patate e cozze».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Salutiamo i due simpatici interlocutori e ci avviamo verso il vicino svincolo della tangenziale, non prima di aver costeggiato l’adiacente Di Palma, altro impianto di calcetto, eretto nel 1996. Imbocchiamo la strada a scorrimento veloce in direzione nord e guidiamo fino al confine tra Fesca e Palese, lì dove sorge il De Palo, risalente al 1983.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ad accoglierci è l'indaffarato Giampiero, 40enne che lavora qui da diversi anni e ci parla dei ragazzini di oggi, rei a suo dire di essersi "imborghesiti". «Hanno perso la voglia di correre dietro a un pallone - evidenzia -, il loro campo è quello della playstation. Ed è per questo che oggi riempiamo i nostri rettangoli verdi solo in serata. Ospitiamo perlopiù adulti: i tempi in cui lavoravamo fino a notte inoltrata sono finiti da almeno un decennio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lasciamo Giampiero e ci immettiamo nuovamente sulla statale, stavolta in direzione sud. All’altezza di Mungivacca costeggiamo la Cofit, altro centro nato negli anni 80, dove però ci impediscono di scattare fotografie. Poco male, visto che non lontano, in via Fanelli, si affaccia il Green park, creato nel 1986 sotto l'insegna di "Club paradiso" e ribattezzato quattro anni dopo con l'attuale nome.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entriamo imbattendoci subito nel proprietario, il 58enne Gianni, vicino a uno dei suoi tanti campi di calcio a cinque. Anche lui non sembra essere un "fan" delle nuove generazioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Non hanno la stessa passione che vedo nei più grandi - ci confida il titolare - e soprattutto non sembrano mai contenti di come li tratti. A volte sembra si lamentino di proposito. Per esempio proprio l'altro giorno un gruppo di ragazzi piagnucolava in continuazione perchè secondo loro il pallone era sgonfio. Io ho fatto finta di rigonfiarlo e gliel'ho restituito: hanno ripreso a giocare senza fare una piega».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci congediamo da Gianni per dirigerci verso l'ultima tappa del viaggio: il centro Ines, che si trova nei pressi del “cimitero inglese”, sulla strada che porta da Carbonara a Triggiano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A darci il benvenuto è il titolare Vito, 86 anni e un'esistenza dedicata al calcio. «L’erba sintetica l’ho messa alla fine degli anni 80 – ricorda – ma io fui il primo a Bari ad affittare dei campi di pallone. Li realizzai nel 1977 in terra battuta: all’inizio ci facevo allenare il Carbonara sport, ma dopo due anni decisi di aprirli anche a giocatori amatoriali. Avevo visto questa cosa nel Lazio, lì dove chiunque poteva prenotare e giocare: decisi così di imitarla. Non immaginavo che un giorno tutta la città sarebbe stata invasa da impianti come il mio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)


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