di Silvia Giorgi - foto Antonio Caradonna

Bari, tra graffiti e abbandono viaggio nell'enorme ex fabbrica Scac di Santo Spirito
BARI – Un gigante abbandonato inserito in un’area di 60mila metri quadri alle porte del centro abitato, il cui silenzio irreale è interrotto solo dai treni che sfrecciano sulla vicina ferrovia. È il malinconico scenario offerto dall'ex stabilimento Scac di Santo Spirito, il rione più a nord di Bari: si tratta di tre grossi capannoni spogli e invasi dai rifiuti, dove l'unica presenza umana rimasta è quella furtiva di writers e skaters che qui hanno anche allestito una piccola pista. (Vedi foto galleria)

Attiva dagli anni 60 alla fine degli anni 90, la sigla sotto la quale funzionava la fabbrica poi fallita è l'acronimo di Stabilimento cementi armati centrifugati, azienda del nord Italia dedita alla produzione di pali per l’illuminazione pubblica e la costruzione di antenne e travi prefabbricate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Arrivare all’ex Scac è semplice. Partendo dal porto di Santo Spirito bisogna imboccare corso Umberto I e proseguire per circa 600 metri. Si supera un trafficato passaggio a livello e dopo un'altra cinquantina di metri, sul lato sinistro, appare la sagoma della vecchia industria preceduta da un vasto parcheggio deserto. (Vedi video)

Davanti a noi si presenta il massiccio muro di cinta del complesso, sovrastato dall'insegna recante il nome della società e interrotto da un cancello verde sigillato con catene arrugginite. Per cercare un'entrata libera siamo dunque costretti a percorrere il perimetro della struttura, letteralmente invaso dall'immondizia: dobbiamo stare attenti nel compiere uno slalom tra vetri rotti, giocattoli in disuso, bustoni neri e persino sanitari lasciati lì senza troppi complimenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sul lato destro della recinzione, mentre siamo distratti dall'abbaiare dei pastori tedeschi custoditi in un vicino allevamento, troviamo finalmente un varco. Il primo capannone in cui ci imbattiamo sembra quasi un tunnel per quanto sia lungo: praticamente un centinaio di metri in cui si procede sotto un imponente scheletro d'acciaio privo dell'originaria copertura in vetro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I lati dell'edificio sono caratterizzati da un'incalzante vegetazione spontanea e pareti marchiate da colorati graffiti. Qua e là notiamo quel che rimane di pesanti travi precompresse munite di ganci un tempo utili per agganciarle alle gru. Arriviamo in fondo alla "galleria", approdando così sotto un'alta torre bianca e rossa visibile all'esterno da grande distanza: probabilmente il serbatorio posto sotto di essa serviva a mescolare acqua e cemento, prima che il composto così ottenuto venisse caricato su appositi camion.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Lasciamo il primo capannone e ci dirigiamo verso il secondo, non prima di aver attraversato un largo spiazzo invaso dalle macerie. Anche questo stabile, orientato in direzione dell'ingresso principale, ha una lunghezza spropositata. La copertura però stavolta ha retto meglio all'incuria e l'interno sembra essere tuttora frequentato: sui muri spiccano graffiti dai colori ancora vivaci, segno che sono stati disegnati da poco, mentre alcuni ragazzi hanno predisposto un rudimentale skate park utilizzando tavole di legno e plastica.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

All'esterno, tra il pattume imperante, notiamo per terra una scarpa antinfortunistica e un secchio malandato con dentro una cazzuola. Poi alziamo lo sguardo e scorgiamo in lontananza, appena al di là della ferrovia, i palazzi più periferici di Santo Spirito, laddove "c'è vita": è impressionante come nel giro di un centinaio di metri si possa passare dalla dinamicità di un borgo marinaro alla desolazione più totale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spostiamo infine nel terzo capannone, situato nell'ala sinistra dello stabilimento, a un tiro di schioppo dai binari: dall'aspetto decadente sembra essere quello più antico. Anche qui i writers si sono sbizzarriti colorando in modo creativo, mentre manca gran parte del tetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Scarpiniamo sulle sterpaglie del pavimento e osserviamo sui muri alcuni avvisi scritti su targhe arrugginite come "È permesso l'accesso alle macchine solo al personale autorizzato” e “Si prega di indossare l'attrezzatura adeguata". C'è anche quello che pare essere uno slogan di incitamento per i lavoratori: recita "Ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proprio mentre stiamo terminando il nostro viaggio la quiete viene rotta da un treno che transita ad alta velocità. Il frastuono dura qualche secondo: poi la calma piatta di questo luogo dove il tempo sembra essersi fermato si riprende prepotentemente il suo regno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Nel video (di Gianni de Bartolo) la nostra visita alla fabbrica abbandonata Scac:


 


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita



Scritto da

Foto di

Lascia un commento


Powered by Netboom
BARIREPORT s.a.s., Partita IVA 07355350724
Copyright BARIREPORT s.a.s. All rights reserved - Tutte le fotografie recanti il logo di Barinedita sono state commissionate da BARIREPORT s.a.s. che ne detiene i Diritti d'Autore e sono state prodotte nell'anno 2012 e seguenti (tranne che non vi sia uno specifico anno di scatto riportato)