di Cassandra Capriati

Alla scoperta di
Immaginate un territorio sconfinato da conquistare, due grandi eserciti pronti alla battaglia ed epici duelli, senza però nessuno spargimento di sangue. Questo è “Go”, un gioco da tavola strategico che intrattiene l'umanità da millenni. In Cina, dove è nato, viene chiamato weiqi (“wei” significa accerchiare e “qi” pedina), ma è con il nome giapponese di Go che si è diffuso anche nel mondo occidentale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si gioca in due, davanti a una tavola da gioco: una griglia che viene chiamata goban. Le regole sono semplici: i due sfidanti, il nero e il bianco, dispongono in maniera alternata una pedina (pietra) del proprio colore in un punto vuoto del goban. Per vincere è necessario conquistare una porzione di goban superiore a quella dell’avversario. Ogni giocatore può catturare una o più pietre dell’avversario se riesce a circondarle completamente con le proprie pedine. Occorre quindi muoversi cercando di bilanciare le necessità di espandere il proprio controllo sulla griglia con quella di difendersi dall’avversario. Le pietre, che una volta posate non si possono più muovere, sono gli elementi necessari alla creazione di delimitazioni di campi di dominio più o meno ampi che determinano la vittoria di uno dei due sfidanti. (Vedi foto galleria)

Un gioco quindi interessante, che però ha avuto molta meno fortuna nel mondo occidentale rispetto ai “fratelli” dama e scacchi. Come mai? «Posso supporre che il Go abbia avuto meno successo perché noi giocatori siamo stati meno bravi rispetto agli scacchisti nel pubblicizzare  il gioco – ipotizza il presidente della Federazione italiana gioco go (Figg), Maurizio Parton -. Oppure può dipendere semplicemente dal fatto che in genere si inizia ad interessarsi e a giocare a Go solo quando già si nutre un profondo interesse per la cultura orientale, passione che è sempre stata un po’ di nicchia e che solo ultimamente sta diventando di moda».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Eppure il gioco non è per nulla semplice. « E' sicuramente più complesso della dama e degli scacchi – afferma con piglio sicuro Parton-. Basti guardare il numero di possibili mosse che si possono eseguire durante una partita: per la dama sono pari a 10 alla 20esima, per gli scacchi questo numero aumenta a 10 alla 50esima e per il Go è addirittura di 10 alla 340esima».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Del resto prima del 27 gennaio scorso Go rimaneva l’unico gioco di strategia in cui l’uomo era sempre riuscito a battere il computer, fin quando il rivoluzionario sistema AlphaGo ha sconfitto prima prima il campione europeo e poi anche il campione mondiale. A proposito, per diventare il n.1 europeo i vari giocatori europei si sfidano in un apposito “congresso”, che nel 2018 si terrà proprio in Italia. Potrebbe essere l’occasione per lanciare questo gioco nel Belpaese, in cui è ancora considerato molto di nicchia, visto che gli iscritti alla federazione sono solo duecento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il Veneto, la Lombardia,l’Emilia Romagna, il Lazio e la Toscana (soprattutto Pisa) sono le regioni con i “Go club” più attivi – afferma Parton – nel Sud Italia invece i praticanti languono, se si esclude l’eccezione di Napoli. A Bari anni fa era presente un circolo ma poi è stato chiuso. La mia speranza è che un giorno l’arte del Go possa diffondersi anche da noi, così come avvenuto per scacchi e dama, ai quali questo antico gioco non ha nulla da invidiare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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