di Salvatore Schirone

Don Merola, prete anticamorra: «In Puglia la mafia dei colletti bianchi»
FOGGIA - «Collusa con i colletti bianchi e tanto silenziosa quanto micidiale». Queste sono, secondo don Luigi Merola, il “prete anticamorra”, le note distintive della criminalità organizzata pugliese, la cosiddetta quarta mafia.  Abbiamo incontrato il 41enne sacerdote napoletano 1° maggio a Foggia, durante un incontro organizzato dai padri carmelitani (vedi foto galleria). Il tutto si è svolto sotto l'occhio vigile dei suoi "angeli custodi", come Merola ama chiamare gli uomini della propria scorta, che lo accompagna da anni: da quando dopo l’ennesima denuncia e omelia da lui tenuta contro la Camorra, c’è chi promise di “ammazzarlo sull’altare”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Don Luigi, finalmente la sua testimonianza giunge anche in Puglia, una terra dove per anni la criminalità organizzata è stata sottovalutata... 

Sono stato già altre volte in Puglia, a Lecce, a Brindisi. Qui da voi la la criminalità è considerata una mafia più giovane e a tratti silenziosa, ma è così radicata che non spaventa meno della nostra Camorra. Colpisce in modo più nascosto ma è micidiale perché entra nelle Istituzioni ed è collusa con i colletti bianchi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Va contrastata in modo diverso quindi?

No. Anche in Puglia per contrastarla non servono le armi o il codice penale. Bisogna mettersi insieme, fare squadra. Bisogna erigere un muro fatto di racconti e sensibilizzazione. Dobbiamo moltiplicare questi incontri e vaccinare i giovani facendoli diventare cittadini attivi e consapevoli. Sono loro le sentinelle del territorio. Perché se ci si chiude nell'individualismo si lascia il territorio in mano a questa gente che certo non lo ama. Lo ripeto sempre: per contrastare la mafia non abbiamo bisogno di un esercito di poliziotti ma di un esercito di insegnanti. 


Quindi si deve ripartire dalla scuola?

Sì, ma come diceva i magistrato Antonino Caponnetto la scuola deve riprendersi il suo vero ruolo, quello cioè di formare i futuri cittadini. Una scuola che non si deve autocelebrare, chiusa spesso in sè stessa, ma che apra le sue porte ad altre figure significative. Nella scuola devono entrare i testimoni di giustizia, i magistrati, le associazioni impegnate nel contrasto alla criminalità organizzata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E la Chiesa, i vescovi?

Anche la Chiesa deve fare altrettanto: si deve svegliare. Ultimamente ho visto alcuni vescovi incominciare a prendere posizioni chiare contro feste patronali dietro le quali si annida la criminalità. Devono imparare a collaborare con le forze dell'ordine, rifiutando di prendere ordini dai capoclan.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come vive oggi il suo impegno sul territorio?

Attraverso l'associazione "A voce de creature" che ho fondato nel 2007. Sono riuscito a strappare dalla strada già 150 ragazzi. Il mio compito è togliere il potere alla Camorra alla radice, perché nessuno nasce delinquente, ma lo diventa. Noi raccogliamo i ragazzi tra i sei e i diciotto anni, ospitandoli in una struttura confiscata alla Camorra. Come al solito però lo Stato ci dà una casa, ma poi dobbiamo provvedere noi alle spese e anche a pagare le tasse. 


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