di Salvatore Schirone

Carrassi e San Pasquale, sottoterra c'è un cimitero ebraico: la storia
BARIQuando lo scorso 24 febbraio quel tratto di viale Unità d’Italia crollò, provocando una voragine profonda più di due metri, qualcuno esclamò sicuro: “E’ la necropoli ebraica che sta venendo a galla”. Questa ipotesi fu subito smentita, ma la dichiarazione ci lasciò sopresi: non sapevamo che ci fosse un antico cimitero sotto i rioni Carrassi e San Pasquale. Abbiamo quindi deciso di approfondire (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La necropoli ebraica effettivamente esiste: venne alla luce agli inizi degli anni 20 del secolo scorso  e si trova sì sotto via Unità d’Italia, ma rispetto al punto in cui si è verificato il crollo (nei pressi di largo Ciaia), è situata qualche decina di metri più avanti, in direzione Largo Due Giugno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ la prova dell’avvenuta esistenza di una nutrita e fiorente comunità ebraica, che proprio nel tratto di via Unità d’Italia compreso tra via Enrico Toti e via Alessandro Volta si insediò e visse dai primi secoli dell'era cristiana fino alla seconda guerra mondiale. Proprio in quella zona c’è un piccolo dosso, una collinetta naturale, che non a caso viene chiamata ancora oggi dagli storici, Mons Iudeorum, Monte dei giudei, proprio per ricordare che cosa rappresentava quella zona in passato. Del resto basta guardarsi intorno per scorgere, anche nei nomi di strade e costruzioni, i segni di un’antica presenza ebraica: da via Re David a Villa Roth.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Purtroppo però ora tutto si trova sottoterra. Quando durante l’espansione di Bari sì iniziò a costruire in quella zona, non si badò alla preservazione della cultura e alla storia e si decise di far finta di nulla.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le prime "emersioni" avvennero negli anni 20. Siamo nel 1922 quando la compagnia di Postetelegrafi decide di concedere in riscatto pluriennale ai suoi dirigenti delle casette in stile liberty in un piccolo villaggio: i cosiddetti villini. Durante gli scavi di fondazione nei pressi del primo villino sull’attuale corso Benedetto Croce, ci si imbatte in un piccolo cimitero di 13 tombe, tutte orientate verso ovest.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Solo successivamente, negli anni Ottanta, lo studioso Cesare Colafemmina riuscì ad attribuire agli ebrei il cimitero, riconoscendo  nell'unico lastrone superstite conservato nel museo provinciale di Bari (ora nel Castello Svevo) della prima tomba, il segno della menorah, il famoso candelabro a sette braccia. Di quel sepolcreto oggi non c'è più nulla. Tutto è stato interrato nei pressi della chiesetta di san Lorenzo, anch'essa abbattuta negli anni 60, da cui prende il nome una stradina che va verso Giulio Petroni. Nel piazzale restante c'è ora un triste gabbiotto dell'Amgas e un cassonetto per gli indumenti dismessi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Nell’anno successivo, il 1923, durante la costruzione dell'ultimo villino ad angolo tra via Meucci e via Re David, emerse un ipogeo funerario. Immediato fu l'intervento del Soprintendente alle Opere di Antichità e d'Arte, Quintino Quagliati, che si rende conto dell'importanza del ritrovamento, ma che poi sotto pressioni dell'impresa Luigi Labianca, esecutrice in appalto dei lavori, consentì l’interramento, accontentandosi solo di un paio di foto e della promessa di una relazione dettagliata da parte dell'ingegnere incaricato, Pietro Giorgio. La relazione non fu più consegnata, né mai richiesta. Solo 46 anni dopo, nel 1969, l'ingegnere scriverà le sue note, che saranno acquisite nel 1992 nell'Archivio della Società di Storia Patria e successivamente studiate da Cosimo D'Angela nel 2007. 

Mentre Giorgio scriveva il suo memorandum, venivano abbattuti alcuni villini per costruire il nuovo asse di viale Unità d'Italia che avrebbe permesso attraverso il ponte XX settembre, realizzato nel 1970, il proseguimento di corso Cavour verso sud, scavalcando la ferrovia. E anche durante questi lavori le ruspe portarono via un bel po' di testimonianze.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nico Greco, presidente dell'Archeoclub di Bari non ha dubbi: «Durante le costruzioni degli anni 70 e 80, sono state trovare altre tombe probabilmente ebraiche, tra via Re David e via Capaldi, nei pressi dell'ex cinema Odeon». Ci mostra una foto inedita degli scavi del 1981 per la costruzione del palazzo di Amoruso Manzari, in via Re David 172, nei pressi della ormai scomparsa Villa Camomilla, che sorgeva tra via Maria Cristina di Savoia e via Postiglione, da cui si è ricavato in piccolo giardinetto. L’immagine (foto in evidenza) mostra l'ipogeo dell'insediamento rupestre completamente distrutto durante gli scavi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«E’ stata trovata una necropoli anche nel palazzo che ospita l'attuale Panificio San Pasquale – afferma -. Poi un altro ipogeo in via Enrico Toti nel piazzale all'incrocio con viale Unità d'Italia, tutti segni dell'antico di un intero quartiere ebraico molto più esteso rispetto al Mons iudeorum, che da via Quarto, arrivava in contrada San Lorenzo, passando per via Re David».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In questa zona di Bari, compresa tra i quartieri Cassassi e San Pasquale, gli ebrei vissero per secoli e vi restarono almeno fino alla seconda guerra mondiale. Fonti storiche parlano di una presenza di circa 600 persone, che assieme a molti sfollati baresi raggiunsero la periferia per sfuggire ai bombardamenti e alle persecuzioni, trovando a volte anche la generosa ospitalità e protezione di alcuni ricchi possidenti, come i proprietari della masseria in via Alcide De Gasperi concessa all'associazione Ortocircuito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questo è tutto ciò che abbiamo potuto sapere della comunità ebraica di Bari. Ora non resta che aspettare un altro piccolo crollo (siamo ironici, per carità), nella speranza che almeno per una volta non si prenda la decisione di coprire e nascondere quella che forse è l’ultima risorsa rimasta a questo Paese: la sua Storia.


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  • tony - veramente interessante, grazie!
  • Giuliana - Abito proprio di fronte ai 2 villini in stile liberty... trovo l'articolo di gran interesse. Grazie!
  • Paolo - Come al solito i costruttori se ne fregano altamente di salvaguardare i ritrovamenti. Grazie per le notizie, non ne ero al corrente.
  • Lello - sono nato nel 1938 ai villini nel periodo pre guerra in piazza Locchi furono costruiti n.2 rifugi anche lì resti umani.
  • lina - La chiesa cattolica ha fatto di tutto per cancellare la storia ebraica in Italia. Siamo in tanti a non conoscere le nostre radici grazie alle conversioni forzate che distrussero la nostra memoria religiosa e culturale ebraica.Svegliamo la nostra memoria!!!
  • Gigi De Santis - Complimenti Salvatore. Ottimo articolo. Complimenti anche a tutta la Redazione Barinedita.
  • Massimo Moramarco - La chiesa di San Lorenzo che era posta dove ora c'è il gabbiotto dell'Amgas in Via San Lorenzo non fu abbattuta negli anni 60 ma negli anni 70 , per la precisione nel 1974 o al più nel 1975 .Abitavo e abito in Via San lorenzo e ricordo perfettamente la demolizione .All'epoca avevo 4 o 5 anni ed ero a casa con mia nonna ,considerando che non andavo alle elementari e non andai all'asilo gli anni sono quelli . Le murature della chiesa vennero buttate giu attaccando dei cavi d'acciaio alle ruspe .


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